Intervista a Josef Edoardo Mossali
a cura di Gloria Galbiati
Classe 2001, Josef Edoardo Mossali è un giovane pianista, allievo del M° Massimiliano Motterle presso il Conservatorio “Gaetano Donizetti” di Bergamo. Vincitore di primi premi in concorsi internazionali, nel 2018 gli è stato conferito il premio “Giovane talento musicale dell’anno” in occasione del Festival Pianistico di Brescia e Bergamo. Si è esibito in molte città italiane e a Monaco di Baviera, riscuotendo sempre grande successo da parte di pubblico e critica, e ha seguito masterclass con pianisti di fama internazionale, quali Michel Béroff, Vladimir Ovchinnikov, Benedetto Lupo e Pasquale Iannone, col quale tutt’ora si sta perfezionando.
Già ospite della GIA nel 2019 per la “Rassegna Giovanissimi – Angoli di Classica”, nel 2021 suonerà per la 51^ Stagione Concertistica organizzata dalla storica associazione bresciana. Nell’attesa di ascoltare il giovane e talentuoso Mossali sul palcoscenico, lo abbiamo incontrato e gli abbiamo fatto qualche domanda.
Lo scorso 27 ottobre, hai concluso il tuo percorso di Triennio Accademico al Conservatorio “Donizetti” di Bergamo, con una valutazione di 110 con lode e menzione speciale della commissione, un risultato di cui, certamente, sarai soddisfatto. Come si è svolta la tua prova finale e com’è stato laurearsi in questo periodo di emergenza sanitaria?
Il mio timore più grande fino al giorno della laurea era quello che venissero sospesi tutti gli esami in presenza a causa dell’imminente lockdown – una paura che poi per fortuna non si è materializzata. La mia prova finale è avvenuta senza la presenza di spettatori in sala, cosa abbastanza anomala, ma alla quale in questo periodo ci si comincia ad abituare. Sono felice, comunque, di essere riuscito a conseguire la mia laurea, e di aver già cominciato i corsi del biennio successivo.
Come stai vivendo questo anno e quale pensi sarà il futuro della musica dopo la pandemia di Covid-19?
Di tutto l’insieme di paure, emozioni e pensieri con il quale la pandemia ci ha portato a confrontarci, sarebbe difficile focalizzare ciò che si è imposto con maggior forza; di certo questa situazione ha portato il mondo musicale e, più in generale quello della cultura e dello spettacolo, all’incertezza della programmazione di eventi anche piccoli e nel breve periodo, in un clima di precarietà generale. Quel che più mi aggredisce però è l’indifferenza nei confronti della cultura che si respira in troppi ambiti, soprattutto a livello politico. Purtroppo, c’è chi non comprende che musica, teatro e arte non sono attività accessorie legate semplicemente a passioni personali o allo svago, ma hanno a che fare con la realtà più concreta, perché permettono a molte persone di lavorare e vivere.
Forse, finita questa emergenza, apprezzeremo di più i momenti delle esecuzioni dal vivo, di cui ora si sente la mancanza. I concerti a distanza, per quanto mostrino la lodevole volontà del mondo musicale di rimanere tenacemente in vita, rappresentano solo dei surrogati della possibilità di essere fisicamente presenti all’evento musicale. Per il momento non possiamo far altro che vivere nella speranza di un ritorno alla normalità, e mi auguro di cuore che tutto ciò avvenga molto presto.
Parlare di musica, soprattutto quando si guarda alla sua sostanza più profonda, è sempre molto difficile. L’arte del tempo, infatti, sembra proprio avere a che fare con l’ineffabile e spesso si sottrae al tentativo di essere descritta attraverso il linguaggio verbale. Ma se ti chiedessi di provare a spiegarci che cosa la musica rappresenti per te e quale sia il tuo rapporto con essa, quali parole utilizzeresti?
Per me la musica ha origine nell’incontro tra i suoni e l’essere umano. Essa è la proiezione da parte dell’anima, sull’elemento sonoro, delle proprie aspirazioni, della sofferenza, delle delusioni o delle gioie, e quando l’uomo riesce anche solo a sfiorare il desiderato obiettivo di far corrispondere la trama delle note alla sua più sincera essenza, egli l’ha fissata sulla trascendenza del fiume temporale, e prova una soddisfazione e una beatitudine spirituale di incomparabile grandiosità. Il musicista arriva così a creare sulla pagina uno specchio non falsato nel quale esecutore e spettatore possono ritrovarsi nel medesimo istante: quando un interprete riesce ad arrivare agli altri attraverso la musica, in quel mentre avviene quel piccolo miracolo per cui il lavoro e le ansie di colui che suona sono ripagate. Quindi per me la musica nasce dalla nostra stessa natura, fa parte di noi, e con noi si fonde in maniera inscindibile; è uno strumento nel quale tutti devono avere il diritto di riconoscersi e nel quale ognuno di noi può far trasparire la propria libertà.
Quali autori ami maggiormente e perché?
Domanda e scelta difficili, perché sono convinto che ogni compositore, con le proprie peculiarità e originalità, abbia qualcosa da raccontarmi e insegnarmi. Affascinante è poi la possibilità di trovare un filo rosso che accomuna tutti i grandi autori, nonostante le distanze socio-temporali che intercorrono tra le loro vite, i cui Leitmotive prima o poi si incrociano tutti: le guerre, gli amori, le passioni, la perdita di persone care, l’amore per la patria, la lontananza da essa, i conflitti interiori ed esistenziali. È proprio la vita l’oggetto principale che la musica ci racconta, attraverso le immense e maestose opere che i grandi compositori nel corso della storia hanno prodotto, rendendosi così immortali e permettendo a noi di emozionarci e di far vibrare la nostra anima.
Lo scorso anno hai debuttato a Brescia per la “Rassegna Giovanissimi” organizzata dalla GIA e nel 2021 comparirai nel cartellone della Stagione Concertistica principale di questa associazione, insieme ad altri giovani musicisti, italiani e non, apprezzati a livello internazionale. Che effetto ti fa ritornare a suonare per la GIA, nella città in cui sei nato e cresciuto?
La GIA è una realtà a me molto cara, che da oltre cinquant’anni offre al territorio bresciano concerti con strepitosi interpreti. Ho seguito le ultime stagioni assiduamente e con molta ammirazione nei confronti degli artisti che vi hanno preso parte, e ho sempre visto questa bellissima realtà come una cosa per me inarrivabile. Lo scorso anno, quando mi sono esibito per la GIA per la prima volta, ho provato una forte emozione e ora considero la mia partecipazione nella Stagione principale un’opportunità molto lusinghiera, che mi dà grande gioia.
Progetti per il futuro? Sappiamo che sei tra i dieci semifinalisti del prestigioso Premio Internazionale dedicato alla figura di Antonio Mormone…
Sicuramente intendo continuare ad approfondire le mie conoscenze pianistiche e musicali, e in un periodo non facile come questo voglio tenermi pronto il più possibile per un’eventuale ripresa, nella speranza che questa avvenga quanto prima.
Sì, sono tra i semifinalisti del Premio Mormone, un concorso veramente rivoluzionario per forma e contenuti, che dà ampio spazio ai giovani, così come fa la GIA. Nel concorso ogni pianista viene valutato durante concerti veri e propri, quindi durante le fasi più vere del lavoro di un musicista, di fronte ad un pubblico reale. Vengono presi in considerazione, oltre alle abilità tecniche e musicali del candidato, anche la reazione e il grado di apprezzamento del pubblico, nonché il modo in cui l’interprete arriva all’ascoltatore. Questo concorso è stato fortemente voluto dalla pianista Enrica Ciccarelli Mormone proprio nel ricordo di Antonio Mormone, fondatore e presidente della Società dei Concerti di Milano, il quale, oltre ad essere stato un personaggio illustre nel panorama musicale e culturale e un grande imprenditore, è stato un promotore e scopritore di giovani artisti oggi di fama mondiale.
Per concludere, pubblichiamo in questa intervista una tua registrazione. Che cosa ci proponi?
Ho scelto una registrazione del Terzo concerto per pianoforte e orchestra di Beethoven, realizzata nell’ambito della 56esmia edizione del Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo. Innanzitutto, si tratta di una delle mie prime esecuzioni con l’orchestra, ed in particolare con l’orchestra del Conservatorio “G. Donizetti” di Bergamo – una realtà a cui sono legato anche a livello affettivo, oltre che didattico – diretta dal M° Fabrizio Maria Carminati. Inoltre, questa è una delle ultime occasioni in cui ho potuto condividere paure, felicità ed emozioni con persone con le quali, a causa della pandemia in corso, ora non posso vivere momenti così belli.