INCONTRI CON L’INTERPRETE #2 – Alexei Melnikov

Intervista ad Alexei Melnikov

a cura di Gloria Galbiati

[🇬🇧 English version below]

 

Nato a Mosca nel 1990, Alexei Melnikov inizia lo studio del pianoforte con Tatiana Shklovskaya presso la Scuola di musica Gnessin, per poi passare sotto la guida di Sergei Dorensky al Conservatorio della sua città. Intraprende fin da giovanissimo una carriera pianistica che lo porta ad esibirsi nelle sale da concerto più prestigiose del mondo, suonando con numerose orchestre. Molti i riconoscimenti e i premi ottenuti in importanti concorsi pianistici internazionali – Novosibirsk, Città di Cantù, San Marino, Hamamatsu, Manhattan, solo per citarne alcuni – ultimo dei quali è la vittoria della Medaglia di Bronzo alla XVI edizione del Concorso Tchaikovsky di Mosca.

Già ospite della GIA nel 2017, tornerà a suonare per la nostra associazione in occasione della 51^ Stagione Concertistica. Nell’attesa di ascoltare il pluripremiato pianista russo sul palcoscenico, lo abbiamo incontrato e gli abbiamo fatto qualche domanda.

 

 

Come ti sei avvicinato alla musica e quando hai capito che saresti diventato un pianista concertista?

Quando ero bambino, mi piaceva molto comporre ed ascoltare musica. Seppur mi divertissi anche a suonare, invece di esercitarmi e studiare seriamente la tecnica e il repertorio pianistico, preferivo improvvisare oppure leggere a prima vista una grande quantità di brani, senza però approfondirli davvero. Diventai poi più disciplinato, quando avevo quattordici anni, e realizzai finalmente che nella vita avrei voluto vivere di musica e concerti, diventando un vero pianista. 

 

È tristemente curioso che il 23 febbraio 2020, quando la Regione Lombardia ordinò la chiusura dei teatri, tu fossi appena arrivato in Italia per inaugurare la Stagione Concertistica della GIA. Come hai vissuto questi mesi caratterizzati dalla pandemia globale?

È stato davvero triste essere arrivato a Brescia e non essermi potuto esibire per il pubblico della GIA, che già mi aveva ascoltato qualche anno fa ed accolto con grande calore. Attendo con speranza un miglioramento della situazione per poter ritornare in Italia già in questo 2021.
Purtroppo, i concerti che ho dovuto cancellare nel corso di quest’ultimo anno sono stati molti. La musica e il mondo dei concerti stanno vivendo un periodo davvero difficile, e questo mi addolora, ma riconosco che tutto ciò non è nulla in confronto al dramma di chi ha perso i propri cari e alle vite che questo virus ha violentemente portato via.
Da un punto di vista personale e creativo, devo dire che il lockdown ha avuto per me dei risvolti positivi. La professione del concertista è spesso difficile da sostenere, perché costringe a ritmi pesanti, forte stress creato da impegni ravvicinati e viaggi continui, quindi il periodo di isolamento, per quanto mi riguarda, ha rappresentato una momentanea sospensione dalla vita frenetica che conducevo prima. Per un paio di mesi, durante il periodo di emergenza massima e quindi di inattività concertistica, ho avuto l’occasione di vivere ed osservare alcuni aspetti della vita da prospettive diverse, dedicandomi, tra le altre cose, alla letteratura ed esplorando nuove idee creative.

 

La tua carriera è stata segnata dalla vittoria di numerosi premi in prestigiosi concorsi pianistici internazionali, ultimo dei quali il Concorso Tchaikovsky di Mosca, in cui hai ottenuto il Terzo Premio. Come ci si prepara ad un concorso di questo tipo, che rappresenta una delle sfide più ardue per un pianista?

È stata una prova impegnativa, senz’altro, ma per quanto riguarda la gestione dello stress e la preparazione mentale non sento grande differenza tra concorsi e concerti, perché in entrambe le situazioni la cosa più importante è mantenere un’alta concentrazione sulle idee musicali e sul carattere dei pezzi che devo eseguire. Quando suono, cerco di eliminare tutti i pensieri superflui che non sono necessari alla musica e di controllare il mio flusso mentale, in modo da immergermi completamente e senza distrazioni in un’esperienza puramente artistica.

 

Come scegli il repertorio per un concerto?

Ho un approccio molto soggettivo e personale nella scelta del repertorio, perché tendo ad indirizzarmi verso quei brani che sento risuonare più profondamente in me. Lo studio è certamente fondamentale per prendere confidenza con un’opera, ma il momento decisivo è rappresentato dall’esecuzione pubblica: è nella condivisione con l’altro che l’interpretazione comincia a crescere e a prendere una propria forma vitale.

 

In Russia, hai studiato presso importanti istituzioni musicali e con eccellenti maestri. Quali sono gli insegnamenti più preziosi che hai ereditato dalla scuola pianistica russa?

In realtà, al giorno d’oggi è difficile definire e distinguere una scuola pianistica su base nazionale: i confini geografici non rappresentano più barriere culturali invalicabili e grazie ad internet abbiamo facilmente accesso a moltissime registrazioni di esecuzioni prodotte in qualsiasi parte del mondo. Ecco perché parlare di un’unica vera e propria “scuola russa” oggi è praticamente impossibile: molti pianisti russi, infatti, studiano ed insegnano in tutto il mondo, ed ognuno di essi ha un proprio stile, un proprio pianismo, un proprio modo di suonare e di pensare la musica.
Vorrei comunque ricordare che sono stato allievo della scuola di Sergei Dorensky, stimato pianista e docente del Conservatorio di Mosca, purtroppo scomparso lo scorso anno. Da lui ho imparato a porre grande attenzione sulla qualità del suono e sul fraseggio, oltre che sulla comprensione della forma musicale.

 

Per concludere, pubblichiamo in questa intervista una tua registrazione. Cosa hai scelto e perché?

Vi propongo una mia esecuzione dello Studio op. 2 n. 3 di Sergej Prokofiev, composto da un giovane diciottenne che già manifesta in modo evidente nella sua scrittura un proprio stile, oltre che un incredibile senso dell’armonia e del contrappunto.

 

 
 
 

Interview with Alexei Melnikov

by Gloria Galbiati

 

Alexei Melnikov was born in Moscow in 1990. He started piano at the age of six at Gnessin State Musical College in Moscow, working with Tatiana Shklovskaya, and in 2013 he graduated from the Tchaikovsky Moscow State Conservatory, where he studied under Sergei Dorensky. He began a piano career from a very young age that led him to perform in the most prestigious concert halls in the world, playing with numerous orchestras. He won many awards and prizes in important international piano competitions – Novosibirsk, Città di Cantù, San Marino, Hamamatsu, Manhattan – the last of which is the win of the Third Prize at the XVI edition of the Tchaikovsky Competition in Moscow.

Melnikov already performed for GIA in 2017 and he will return to play for our association for the 51st Concert Season. In the meantime, we have asked him some questions.

 

How did you approach the music and when did you realize you were going to be a concert pianist?

When I was a kid, I was more interested in composing and listening to music. Instead of practicing, I would rather improvise something or sightread through a bunch of pieces or sonatas even though I really needed to learn a particular one.  I became more disciplined only when I was 14 years old and when I finally realized that I would have to make a living by playing concerts.

 

It is sadly curious that on 23 February 2020, when the Italian Regione Lombardia ordered the closure of the theaters, you had just arrived in Italy to inaugurate the GIA concert season. How are you lived these months characterized by the global pandemic?

Yes, it was very unfortunate that I could not perform for GIA audience. This place is special for me and I am really hoping to come and perform in 2021. Also, I had to cancel many concerts, but it is nothing compared to many people losing their lives, loved ones…
From a creative perspective, for me, the lockdown was a rather positive experience. In this profession, you are permanently living under the pressure of deadlines, upcoming projects, etc. So, it was a nice couple of months of rethinking many things in life, reading literature, and exploring new creative ideas. 

 

You won prizes in many piano competitions in your all career. A recent great success is the Third Prize at the prestigious International Tchaikovsky Competition, one of the hardest challenges for a pianist. Could you tell us something about this experience?

Regarding stress managing and preparing your mind competitions and concerts make no difference to me. It is always about the highest level of concentration on musical ideas and the character of the piece I am playing. When performing, I am trying to cut off all unnecessary thoughts and control my mind flow to create some kind of a tunnel vision.

 

How do you choose the repertoire for a concert?

I have a very subjective and personal approach to choosing a repertoire. I am usually just playing pieces that resonate with me at that moment. And for me, when you start to perform the piece in public, only then your interpretation starts to grow and can become something worthwhile.

 

You studied at prestigious musical institutes and under the tutelage of excellent teachers in Russia. What are the greatest things that your Russian piano school taught you?

Nowadays it is hard to distinguish piano school on a national basis. Borders are open and we have access to recording from any era or country, thanks to the internet. Many Russians are studying and teaching all over the world. So, the style of playing became more diverse. I would say that I am a student of Dorensky piano school, which concentrates on the quality of sound, phrasing, and musical form.

 

Finally, we will insert a recording of your performance in this interview. What do you propose and why?

Here is my performance of Sergei Prokofiev’s Etude op. 2 n. 3. Prokofiev was eighteen years old when he composed it and maybe it is the very first piece where he established his style and showed his incredible sense of harmony and counterpoint.