INCONTRI CON L’INTERPRETE #4 – Trio Kanon

Intervista a Lena Yokoyama,
violinista del TRIO KANON

a cura di Gloria Galbiati

 

Il Trio Kanon nasce nel 2012 dall’incontro di tre musicisti: la violinista Lena Yokoyama, il violoncellista Alessandro Copia e il pianista Diego Maccagnola. Formatosi sotto la guida del Trio di Parma presso l’International Chamber Music Academy di Duino (Trieste), il Trio ha frequentato corsi di perfezionamento in Italia e all’estero con importanti musicisti. Intensa è l’attività concertistica, che l’ha portato ad esibirsi in tutto il mondo in numerosi concerti, e prestigiosi sono i premi e i riconoscimenti ottenuti.

In prossimità del concerto del Trio Kanon, che si svolgerà in occasione della 51^ Stagione Concertistica GIA, abbiamo incontrato Lena Yokoyama, violinista del complesso cameristico, e le abbiamo fatto qualche domanda.

 

 

Come nasce il vostro Trio?

Prende avvio nel 2012, quando casualmente ci incontrammo tutti e tre insieme per la prima volta, anche se in realtà già ci conoscevamo tra noi. Io e Diego avevamo iniziato a suonare in duo qualche anno prima, nel 2007, quando ero appena arrivata in Italia dal Giappone ed ero ancora una studentessa. Poco tempo dopo, cominciai a frequentare l’Accademia “W. Stauffer” di Cremona, per studiare con il M° Salvatore Accardo, ed è lì che conobbi Alessandro, allora allievo del M° Rocco Filippini. In occasione del concerto finale dell’anno accademico, Diego venne a sentirci su invito di Alessandro; loro due si conoscevano perché avevano studiato insieme musica da camera all’Accademia di Santa Cecilia a Roma. Fu proprio dopo quell’incontro a Cremona che decidemmo di suonare insieme, e ci fu subito una grande intesa.

 

Qual è il significato del nome Kanon?

Quando iniziammo a suonare insieme, nei primi periodi, ancora non avevamo un nome, semplicemente perché non ci avevamo mai pensato, ma dovemmo sceglierlo nel momento in cui decidemmo di frequentare il corso di perfezionamento tenuto dal Trio di Parma presso l’International Chamber Music Academy di Duino. Io pensavo ad un nome italiano, ma i miei compagni insistettero per sceglierne uno giapponese. Così nacque l’idea di Kanon, una parola composta da due ideogrammi giapponesi: Ka, che significa “fiore”, e On, “musica”; letteralmente il suo significato è “musica fiorente”, ma è anche un riferimento al canone musicale.

 

Come si costruisce un’idea unitaria in un trio?

Ricordo che i primi anni c’erano spesso divergenze sulle idee musicali e discutevamo frequentemente, ma ora, dopo nove anni, è tutto più semplice, perché il Trio fa parte di noi e del nostro modo di pensare la musica. Oramai, anche quando proviamo dei brani per la prima volta, abbiamo già un’idea musicale comune e sappiamo come respirare, come fossimo un’unica persona a suonare. Ogni tanto emerge ancora qualche disaccordo, ma ne parliamo e cerchiamo di trovare un punto di incontro, fondendo insieme le nostre idee. A volte succede che perfino in concerto uno dei tre proponga qualcosa di nuovo: in questo caso, gli altri due percepiscono subito la novità e la seguono, facendola propria. L’importante è coinvolgersi sempre a vicenda, divertendosi, e viaggiare lungo un percorso comune, e questo è possibile grazie ad un sentimento fondamentale: la fiducia reciproca.

 

Quali sono gli autori a cui siete più legati?

Se dovessimo sceglierne uno, sicuramente Brahms, di cui abbiamo inciso recentemente un disco per l’etichetta Warner Music Group. Siamo particolarmente legati a questo compositore, perché il suo Trio op. 8 è stato il primo brano che abbiamo letto quando provammo insieme per la prima volta. Inoltre, nella sua musica si coglie un perfetto equilibrio tra le parti solistiche e quelle cameristiche, nonché una densità e una ricchezza musicali che sono certo difficili da realizzare, ma che offrono la possibilità di ricevere grandi soddisfazioni per chi suona, oltre che per chi ascolta. E lo stesso discorso vale per compositori come Beethoven e Dvořák, che proporremo proprio a Brescia per la Stagione GIA.

 

Ora una domanda per lei, Lena. Lo scorso anno, durante il primo lockdown, è stata protagonista di alcune esecuzioni avvenute in luoghi simbolo della città di Cremona (e della lotta contro il Covid-19), come il Torrazzo e il tetto dell’Ospedale Maggiore, e poi trasmesse in streaming, raggiungendo centinaia di migliaia di persone. Sembra proprio che la musica classica abbia una capacità comunicativa così forte da non potere rimanere sempre e solo nelle sale da concerto. Crede che in questo senso i social media possano essere risorse importanti?

Assolutamente sì. La musica è fondamentale per ogni essere umano ed ha un potere terapeutico, per cui non può essere un’esclusiva di poche persone. I social sono un mezzo molto prezioso, quasi indispensabile, anche per i musicisti classici, perché permettono di comunicare con un pubblico molto vasto. Durante il primo lockdown, l’assenza dell’attività concertistica mi ha stimolato a registrare dei brevi video con mie esecuzioni da condividere quotidianamente e il riscontro è stato molto positivo. Ed è proprio grazie ai social che ho conosciuto Filippo Mondini, responsabile di ProCremona, con cui è nata l’idea di realizzare un video registrato dal Torrazzo cremonese; l’iniziativa è piaciuta molto anche all’Ospedale Maggiore, che una decina di giorni dopo mi ha contattata per un’audizione sul loro tetto, con l’intenzione di diffondere attraverso la musica un messaggio di speranza e di sostegno in un momento così difficile come quello della pandemia.

Da qualche mese, sono molto attiva anche su Clubhouse (il mio account è @lenayokoyama), un nuovo social network che permette un’interazione verbale tra più utenti, che si ritrovano per discutere su temi specifici, come se si partecipasse ad una conferenza o ad una trasmissione radiofonica. Anche se in Italia questa piattaforma non ha ottenuto un grande successo, in Giappone è stato accolta in maniera molto favorevole, infatti ho creato un mio club con cui mi ritrovo ogni domenica e che mi permette quindi di rimanere in stretto contatto con molti giapponesi. 

  

Per concludere, pubblichiamo in questa intervista una vostra registrazione. Che cosa ci proponete?

Vi invitiamo ad ascoltare una nostra esecuzione del già citato Trio op. 8, che oltre ad essere il “nostro” primo trio è anche una delle prime composizioni cameristiche di Brahms, poi revisionata nel 1889 dallo stesso compositore, che le ha conferito una veste più matura ma mantenendo comunque il carattere fresco e giovanile della sua prima versione. Questo brano fa inoltre parte, insieme al Trio op. 63 di Schumann, del nostro prossimo progetto discografico, che vedrà pubblicazione a breve.